È ufficialmente arrivato l’autunno.
Nonostante, nel fine
settimana, le temperature siano state abbastanza elevate, so già che potrò permettermi
ancora per poco di dormire nuda, di andare i giro per casa con pochissimo
addosso.
L’ho scritto tante volte, mi piace quella sensazione di libertà, il
pavimento freddo sotto i piedi, sentire il solletico dei capelli, e mi piace
pure soffermarmi davanti allo specchio. Non sempre per civetteria. A volte per
immaginarmi diversa, altre per cercare di riconoscermi.
Lo specchio mi ispira tantissimo. Ne ho sempre
desiderato uno che, in camera da letto, riuscisse a ricoprire tutta la
superficie del soffitto, in modo da essere fedele testimone del mio piacere. Di
coppia, o intimo e solitario.
Anche per via degli specchi, amavo tanto la casa dell’uomo
di cui parlo spesso. Ogni stanza era la perfetta alcova, e gli specchi che c’erano
attorno al letto, la rendevano deliziosa.
Ci fermavamo spesso a guardare la
nostra immagine riflessa, abbracciati. Così da immaginarci insieme in mezzo
alla gente. Era un modo per considerarci “coppia”, perché così ci sentivamo.
Allo stesso modo, guardavamo la nostra immagine riflessa mentre mi prendeva da
dietro. Io, con parte del corpo sul letto, e lui che mi afferrava dai fianchi,
ed entrava in me, con tutta la foga necessaria, con tutto il suo sentimento.
Io, però, amavo riflettermi nello specchio piccolo,
posizionato sulla cassettiera.
Aprivo gli occhi, mentre mi muovevo sopra di lui, e
sbirciavo la mia espressione.
Ero felice. I capelli spettinati, il viso arrossato, il
trucco degli occhi un po’ sbavato. I capezzoli sempre turgidi e i segni delle
sue mani dappertutto.
È questa l’immagine di me che preferisco. L’immagine di una
me che ama.
J. Saudek |