Elenco blog personale

giovedì 30 maggio 2013

Io e te



È vero che spesso la realtà supera la fantasia. Io sono intimamente fatalista, credo sempre che tutto avvenga (o non avvenga) per un preciso motivo. Un contrattempo, l’esito di una prova importante, un incontro: c’è una ragione per tutto. Questo spiega il fatto che ti abbia incontrato sul mio cammino. Il fatto che tu renda lievi, indelebilmente colorate e piene di emozioni le mie giornate, è solo una conseguenza.
 

Ho pensato e ripensato tante volte al nostro incontro. 
All’emozione che potrebbe precederlo, o anche solo all’adrenalina che sento crescere già adesso, mentre cerco di fermare i miei desideri in modo da poterli rileggere, e sentirli sempre più miei. 
Ho pensato, come sempre, alla lingerie che indosserei, al colore che potrebbe donarmi maggiormente, e alle scarpe che potrebbero piacerti. Di sicuro lascerei i capelli così, ribelli e indomabili, e dentro di me mi sentirei totalmente tua. Mossa esclusivamente dal desiderio di godere con te, di te, del tuo piacere.
Ho immaginato di averti in tanti modi, ma oggi vorrei tu fossi disteso, ed io su di te o accanto a te, o ancora, in mezzo alle tue cosce. Sicuramente vorrei baciarti a lungo, ma il mio desiderio è di non prenderlo in bocca già duro, quanto piuttosto di sentirlo crescere dentro, dopo che la mia lingua avrà iniziato ad accarezzarlo, così come i miei capelli fanno con il tuo corpo. Mentre con le mani ti accarezzo, seguendo le indicazioni dei tuoi primi gemiti, continuo leccarti, soffermandomi spesso sul glande, perché mi piace, quindi spero piaccia anche a te. Mi piace indugiare lì con la lingua, e poi farti sentire la bocca che inizia a cingerti, a percorrere il cazzo che adesso è si duro, e mi fa desiderare di non toglierlo più dalla bocca. Mi piace che, cambiando un po’ la tua posizione, riesca ad afferrare la mia testa e ad imporle il ritmo che vuoi. 
Voglio sentire che ti piace, è da questo che traggo il mio piacere. Mi cerchi, vorresti toccarmi, vorresti sentire quanto sono umida, ma lo sai che in questo momento ciò che voglio è solo succhiare. Sai anche quanto mi piace sentirmelo addosso, allora decidi di invertire le posizioni. 
Adesso sono io ad essere distesa. Lo tiri fuori dalla mia bocca e lo usi per accarezzarmi il collo, lo passi in mezzo ai seni, lo fai sentire ai miei capezzoli, più duri che mai, e intanto non resisti al desiderio di infilarmi due dita dentro, perché lo vuoi vedere l’effetto che mi fai. Dopo, me lo metti nuovamente in bocca. Adesso che ti trovi sopra di me, che mi stai scopando la bocca, sei tu a decidere. Probabilmente verrai lì dentro, ma tu sai che c’è una cosa che mi piace di più, ed è ciò che decidi di darmi. Lo tiri fuori per l’ultima volta e vieni su di me, sul mio viso. Cerco il tuo sapore con la lingua, la sensazione del calore sulla pelle mi eccita da morire. Mi guardi così, bagnata di te, e capisci che questo è solo l’inizio.

 
Lo scrivo spesso, con i sentimenti non me la cavo bene. Specie se devo descriverli a parole. Credo di avere un’interiorità difficile da gestire, ma forse sono io a non capirmi, dato che tu lo fai così bene.

Con amore (o qualcosa che gli si avvicina molto).

Post orgasmic - Victor Ivanovski


mercoledì 29 maggio 2013

Il mondo è bello perchè è vario - Seconda Parte (Dalla Russia con amore)



Dopo l’incontro con la snob, lunedì, due donne si avvicinano alla mia postazione. 
Sono evidentemente straniere. Una bionda, con occhi meravigliosamente blu, e una castana, con una fisicità da togliere il fiato ed un incredibile abitino grigio. 
La bionda mi spiega che sono entrambe russe. Lei ha sposato un italiano, e la cugina è qui in vacanza. La cugina è uno spettacolo. Viso bello, pulito. Occhi maliziosi. Braccia toniche e forti e gambe tornite. La bionda mi chiede di rispondere a delle curiosità che la cugina le pone. Ad esempio perché da noi tutti sorridono alla bambina che lei ha nel passeggino. Una piccola di 9 mesi con gli stessi occhi blu della madre. Le rispondo che qui è naturale fare complimenti ai bambini (a anche a donne meravigliose come loro), sarà forse per la nostra abitudine di impicciarci nelle vite degli altri… 
Lei, splendente come un sole, mi racconta che la bambina, appena vede un uomo sorride, cosa che di solito con le donne non fa (Ed è vero. Con me non lo fa!). Dice che ha già capito come si fa ad ottenere ciò che si vuole, come si conquista un uomo e spera che questa dote le apparterrà una volta donna. Sorrido anche io, e continuo dicendo che con quegli occhi, da grande, la bambina avrà tutti gli uomini che vorrà. La madre mi ringrazia (quasi come fanno i genitori della bella addormentata nel bosco con la fate madrina nel giorno del battesimo della piccola), poi si allontana.


Penso che una madre autoctona non augurerebbe mai alla bambina neonata “tanti cazzi”. Evviva le russe, dico tra me e me, sincere almeno con loro stesse.   

Subito dopo mi telefona il solito collega, turbato dall’avvenenza delle due straniere. Dice che se avesse l’ultimo desiderio prima di morire, vorrebbe trovarsi insieme alle due cugine e me: bionda, castana e rossa. 
Gli faccio notare che solo una delle due cugine lo ridurrebbe già ko, figuriamoci in tre. 
Mi risponde che finchè avrà lingua e dita, per lui non sarà finita!

jurazzicpark.blog.tiscali.it



martedì 28 maggio 2013

Il mondo è bello perchè è vario - Prima parte (Lei non sa chi sono io)



Un aspetto molto curato, abbigliamento ricercato, diamanti e atteggiamento bon ton, modi distaccati ma formalmente gentili, sorriso di circostanza: questo l’identikit di una giovane donna che incontro spesso a lavoro. 
Mi stava anche simpatica, fino al giorno in cui pensò bene di mettere alla prova la mia pazienza. Mi presentò un problema, e come sempre, nel limite delle possibilità e delle indicazioni aziendali, cercai di proporle varie soluzioni. Nessuna fu di suo gradimento. Lei era già in possesso della soluzione (in netto contrasto con quelle regole che, a lavoro, io non discuto, ma eseguo) e passammo cinque minuti a discutere in maniera nemmeno tanto pacata. Ad un certo punto, iniziando ad agitare il braccio luccicante per via del bracciale tennis, pronunciò quella frase che mi manda sempre in bestia: “Lei non sa chi sono io!”. Avrei voluto dirle “Grandissima stronza-figa di legno, me ne sbatto bellamente di chi sei, quel ditino accusatorio ficcatelo dove sai, e vaffanculo!”. Le risposi invece che io non potevo andare oltre, le suggerii di continuare la protesta in direzione. Ma lei no! Obnubilata dal mio non cedere di un millimetro (ma solo perché mi trovavo a lavoro, ché nella vita privata questa fermezza non l’avrò mai) iniziò a frugare all’interno della costosissima borsa fino a quando trovò il cellulare, minacciandomi di chiamare direttamente il proprietario dell’azienda, che conosce personalmente. Peccato che poi si rese conto di non avere il numero in rubrica. A quel punto le risposi che se  lo avesse voluto, lo avrebbe potuto contattare tramite la direzione. Continuava a cercare il consenso della gente dietro di lei, ma nessuno sembrò interessato a sostenerla. Anche perché è risaputo che, nei limiti consentiti, cerco di accontentare sempre tutti. Alla fine si fece a modo mio. E lei, prima di andare via mi disse “Cerchi di essere più flessibile”. Ricevetti il sostegno della direzione, ma continuai la giornata con un’incazzatura unica.

Lei tornò più volte, comportandosi come se tra noi non fosse accaduto nulla, e lo stesso feci io.

La vedo ieri. È in difficoltà e, come faccio con tutti, mi propongo per aiutarla. Lei accetta il mio aiuto con un sorriso. La madre mi dice che è incinta, e non vuole si affatichi. Tra me e me penso per la seconda volta che me ne sbatto bellamente dei suoi problemi. 
Prima di andare, con la sua aria da nobildonna illuminata dai migliori amici di una donna, mi ringrazia. Lo fa come se lo stesse dicendo alla sua sguattera. Aggiunge che sono sempre tanto gentile. Che stronza!
Con un sorriso vero quanto una banconota da sette euro le rispondo che faccio solo ciò per cui sono pagata.

È la seconda volta, nel giro di pochi giorni, che ho a che fare con una donna forte di ciò che possiede, a livello materiale. E mi chiedo, ma chi i diamanti ce li ha dentro?


lunedì 27 maggio 2013

La felice conclusione del weekend



Che lui sia tiepido, l’ho già detto. 
Nel tempo ho provato a riscaldarlo, ma con risultati discutibili. Di volta in volta mi invento espedienti per fare in modo che creda di essere lui a condurre, indirizzandolo in maniera fintamente casuale ed ingenua verso ciò che mi piace di più. È consapevole del fatto che, se lascia fare a me, è in buone mani, ma non è sempre disposto a farlo. Lascio che faccia un po’ come vuole, io, l’ho scritto già molte volte, una soluzione la trovo sempre.

Di solito viviamo le nostre passioni in maniera separata. Un po’ perché inconciliabili, un po’ perché siamo pigri. Con il tempo ho evitato a me stessa l’imposizione di grandi rotture di scatole, cuique suum e non se ne parla più. Ieri ha richiesto la mia presenza, però. E ad una richiesta ufficiale non dico mai di no. Cena noiosissima, gente mai vista, ma lui è a suo agio e cerco di esserlo anche io. A fine serata mi ringrazia pure. Questo è già un evento.

In auto, come fa spesso, mi accarezza la coscia che gli viene a portata di mano. Parliamo, ridiamo un po’, e intanto, approfittando dello spacco generoso della gonna, inizia a toccarmi. Che io possa ancora stupirmi è meraviglioso. 
Infila le dita nella micro rete dei collant praticando un foro. Sposta di qualche centimetro lo slip e continua ciò che aveva iniziato a fare qualche minuto prima. Il clitoride non aspetta altro, ma io si. Io voglio altro. E sto per prendermelo, ma poi ci ripenso … voglio che sia lui ad obbligarmi a farlo. Mi avvicino per leccargli il collo, e sento la zip che va giù. Dopo poco mi afferra dalla nuca e mi spinge la testa in mezzo alle sue cosce. Me lo ritrovo subito in bocca, e lo sento crescere. È una sensazione impagabile. Incredula e soddisfatta di come si sta evolvendo la serata, mi dimentico quasi di essere su un’auto in movimento, e come sempre, ci metto tutta la passione che ho dentro. 
Il tempo che impiego a succhiarlo mi sembra anche relativamente breve, forse ne ho perso la cognizione. Viene nella mia bocca, mi sento felice, e solo dopo mi accorgo che ci troviamo in un piazzale. 

Ci ricomponiamo e riprendiamo il nostro viaggio in auto. Lo guardo e sorrido. È imbarazzato. Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo. Mi chiede se i collant sono ancora utilizzabili. Gli rispondo che sarei anche disposta a comprarne tre paia al giorno.

Vi auguro il buon inizio settimana con un aneddoto raccontato da un collega. Un uomo anziano, tempo fa, lo vide spazzare sull’uscio di casa. Si fermò a guardarlo e gli confidò: “Odio spazzare. Adoro scopare!”

Buon lunedì. 


sabato 25 maggio 2013

Free to Decide



It's not worth anything
More than this at all
I'll live as I choose,
Or I will not live at all.

Free to Decide - The Cranberries

venerdì 24 maggio 2013

Nomi



Nessuno ha mai scritto una canzone che contenga il mio nome. Non mi chiamo Giulia, né Marinella, né Paola, né Cristina, né Roberta, né Rossella, né Nora, né Teresa, e questa cosa mi disturba, mi piacerebbe cantare una canzone auto-celebrativa. 
I miei genitori hanno utilizzato la quantità giusta di fantasia nello scegliere il mio nome. Non troppo comune, ma nemmeno troppo estroso, o improponibile. In questi giorni mi è capitato di incontrare genitori con bambini che non solo hanno dei nomi particolari, ma anche storpiati. C’è Sciaro (Sharon), Naomi (che diventa Nauomi), Cristofè (Cristopher), Chevini (Kevin, povero bambino, mi chiama Kevina perché crede che tutti portino il suo nome), Alisea, e un padre che porta tatuati i nomi delle due bambine: Michelle e Margò. Ma i nomi i facili da scrivere e pronunciare sono finiti?

Incontro un fornitore. Lo conosco da qualche anno. Un giovane uomo riservato, sempre garbato e gentile. Come ogni volta, rimane con me giusto il tempo necessario per essere ricevuto da chi di dovere. Parliamo di auto. Della sua preferita. Lo facciamo spesso, ed è sempre molto piacevole. Ieri, prima di allontanarsi mi chiama “Carlotta”. Lo so che conosce il mio nome. Tra le altre cose, lo porto appeso al collo, insieme al numero di matricola, quindi come si può sbagliare?
Si accorge della mia incertezza e mi confessa che ho proprio la faccia da “Carlotta”. 

Da ragazza mi dicevano spesso che avevo la faccia da brava ragazza. Adesso mi capita di sentirmi dire che ho uno sguardo malizioso, la faccia da succhiacazzi, ma “faccia da Carlotta” non me lo ha mai detto nessuno. Carlotta è un nome che ti riempie la bocca, generoso, abbondante, ma non è il mio.

Appena uscito dall’incontro, torna indietro per salutarmi. Con aria imbarazzata dice che Carlotta è la donna con cui ha fatto l’amore la prima volta, e io le somiglio molto. Tira fuori dalla tasca del giubbotto un cd, dice che c’è dentro la musica della sua vita. Lo ha fatto per me, perché sa che mi avvicino alla gente attraverso la musica, e vuole che lo conosca meglio. Poi mi lascia un biglietto con il suo contatto e va via.