Elenco blog personale

martedì 30 aprile 2013

In tv dicono



Ieri, per le vie del centro, ho incontrato una coppia che frequenta con assiduità il luogo in cui lavoro. La moglie è eccessiva in tutto. Genuina, un po’ rozza,  con un tono di voce piuttosto maschile e la stessa delicatezza di un elefante in un negozio di cristalli. Mi piace molto imitare accenti, atteggiamenti e comportamenti della gente che incontro, come se fossi caratterista, e devo ammettere che questa donna è uno dei personaggi che mi riescono meglio. 
Ieri sfoggiava una nuova acconciatura e un nuovo colore di capelli: un rosso paragonabile a quello del semaforo. Pregustando già la sua colorita reazione, non ho perso tempo e ho commentato questa novità, e come immaginavo, non sono stata delusa dalla sua reazione.   
“In tv dicono che le donne che decidono di tingere i capelli di rosso hanno intenzione di tradire il loro partner.”
E mentre lo diceva, con tanto di gestualità e risate ammiccanti, guardava il marito, uomo dalla pazienza infinita, il quale, nonostante lei continui quotidianamente ad apostrofarlo nel peggiore dei modi, ha un atteggiamento estremamente amorevole nei suoi confronti. Continuava, con quella mano, a riempire lo spazio che ci separava di corna, e io non ho potuto fare a meno di puntualizzare che appartengo alla categoria delle finte rosse. Ha subito affermato che ciò che si sente in tv quasi mai è vero, e che si vede a distanza di chilometri che sono l’esempio della fedeltà. Io, che con il tempo ho imparato a negare  anche l’evidenza, che mi districo in situazioni che ricordano la multiproprietà, ho sorriso per questa continua immagine da brava ragazza che mi accompagna, mascherando il quasi imbarazzo che stava già per colorarmi le guance, con uno dei soliti luoghi comuni.

Tiriamo le somme. Porto un colore proprio delle donne fedifraghe, ogni riccio un capriccio: pessimo soggetto, La Rossa!

(Oggi vado a schiarirmi il rosso, ché la storia della brava ragazza ormai mi ha rotto.)

lunedì 29 aprile 2013

L'autoanalisi del lunedì mattina



Il mio fine settimana è iniziato bene e si è concluso male. Cose tipo prima il dolce, poi l’amaro. Ma non ha senso parlare di frustrazioni, tristezza, mancanza di progetti ed eterne inconciliabilità, dato che ho avuto la fortuna di trascorrere un po’ di tempo con le persone che amo e, soprattutto, mi sono goduta una meravigliosa scopata, tanto per ricordare a lui che se si affidasse più al mio istinto e meno ai suoi pensieri lineari ed ordinati, la vita si colorerebbe di sfumature indelebili. Ma questo non credo accadrà mai, quindi continuerò ad arrangiarmi come ho sempre fatto. 
Stanotte, mentre faticavo a prendere sonno, ho capito perché ho sempre questo sorriso sul viso, perché vedo il bicchiere mezzo pieno. E ’perché non posso permettermi di fare il contrario. Perché c’è una soluzione quasi per tutto, e in realtà, nonostante finga che non sia vero, dentro di me sento una quantità inesauribile d’amore. E mi rendo conto che è più gratificante spendere questo sentimento, piuttosto che arroccarmi in posizioni di chiusura e di difesa. La mia instabilità emotiva, ciò che percepisco come fragilità, e il mio modo personale e poco concreto di affrontare le giornate forse sono il mio limite, ma devo imparare a trasformare i limiti in punti di forza.


Oggi è lunedì, quindi, secondo le mie strampalate teorie, questa è una giornata positiva. Nei prossimi quindici giorni avrò modo di riposarmi, riappropriarmi del mio tempo. Questo è già un motivo per iniziare la settimana con il sorriso. 
Se dovessi preparare la mia "cassetta del lunedì mattina", probabilmente, farei proprio come Jack Black in questo video, chè ho voglia di cantare, di divertirmi.
Buon inizio settimana! 


sabato 27 aprile 2013

Wishlist



I wish I was the pedal brake that you depended on
I wish I was the verb 'to trust' and never let you down

Wishlist - Pearl Jam

venerdì 26 aprile 2013

A volte ritornano



Stamattina avrei voluto parlare degli ultimi giorni trascorsi, della mia euforia primaverile, della nuova tattica portata avanti dal toy boy, e di come non riesca più a contenere i miei capezzoli, nemmeno fossi Venusia, sempre turgidi, sbucano fuori come per affermare la loro presenza.  


 
Poi , prima di iniziare a scrivere, ho trovato una sua mail tra la posta, inviata alle cinque del mattino. Sapevo che il suo “Non ti cercherò più, non farlo nemmeno tu” non sarebbe durato più di sessanta giorni, e nonostante mi imponga distacco e sia certa che niente potrà mai tornare come tre anni addietro, la sua nostalgia mi contagia. 
A volte, cinicamente, penso che gli manchi solo il sesso, il nostro essere tanto complementari, avere l’uno le voglie dell’altra. Oggi mi ha scritto che quello che accadeva quando mi scopava la bocca era sublime, era segno che la nostra unione è perfetta, e non possono esistere alternative a noi due insieme. Mi turba quando scrive così, e lo sa. 
Mi ha descritto uno degli ultimi giorni trascorsi insieme, arricchito da particolari che io quasi non ricordavo. Ha scritto che era convinto che avrebbe passato tutta la vita a farmi godere, a leggere sul mio viso i segni del piacere. Continua a chiedermi di incontrarlo, perché vuole che sappia che mi aspetterà. 
Immagino i suoi occhi. Gli stessi occhi che mi guardavano, pieni di desiderio, mentre la sua voce diceva che non dovevo fermarmi, che mi voleva ancora. Adesso mi guarderebbero con disappunto, con rabbia. Ma ancora con un po’ di sentimento. 
Quanto bisogna aspettare affinchè un sentimento (qualsiasi sentimento) si trasformi in indifferenza?                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                 

mercoledì 24 aprile 2013

"Ora e sempre Resistenza"



Insegnanti motivati e pieni di passione possono fare miracoli. È così che ho iniziato, da bambina, ad amare la Resistenza. Credevo fosse qualcosa di magico, irripetibile. Non riuscivo a capacitarmi di come donne e uomini, autonomamente, avessero potuto decidere di impegnare, spendere, perdere la propria vita per la libertà degli altri. 
Il mondo incantato della fantasia di una bambina, iniziò a nutrirsi della Storia. Così vennero fuori sfumature, interpretazioni storiografiche, testimonianze che, se da una parte servirono a rendere meno ideale il mio sogno resistente, non fecero che accrescere l’amore e la gratitudine per le donne e gli uomini che lottarono anche per poter permettere a me, oggi, di scrivere cavolate su un blog. Non sono qui per scrivere un’apologia alla Resistenza, ché non è il luogo adatto e non ho il distacco e la neutralità per farlo (ho sognato più volte di essere una staffetta, ed è stato un risveglio pieno di nostalgia), cerco solo di tirare fuori i miei stati d’animo.   
Che senso ha, oggi, vigilia del 25 Aprile, ricordare chi, in nome della Libertà, ha lottato tanto per il nostro Paese? Non voglio fare nessun riferimento alla classe politica, io sono stanca delle "nostre" lamentele. Mie e di chi mi circonda. Frutto di qualunquismo e di un forte atteggiamento NIMBY. Sento ogni giorno gente che accusa il politico corrotto di turno, e poi, quella stessa gente, è disposta a “vendere” il proprio voto per una ricarica telefonica o un pieno di benzina. Cosa pretendiamo, poi, da chi conduce così una campagna elettorale? Con quale coraggio proviamo stupore davanti a scandali che sono quotidianamente sotto i nostri occhi? Cos’altro siamo disposti a sopportare prima di indignarci come si deve?

Non arriverà un Deus ex machina a salvarci. 
Il non riconoscermi più in nessun partito, non avere una figura di riferimento, queste cose mi infastidiscono. Non voglio essere spettatore passivo, io voglio lottare. Voglio resistere. 
Oggi il fiore del partigiano morto per la libertà giace in un angolo. Calpestato, disfatto.


martedì 23 aprile 2013

Ti presento i miei amici - Seconda Parte



Aspettai qualche giorno prima di sentire la mia amica. Con il passare del tempo, la delusione si trasformò in rabbia, conoscendomi avrebbe potuto evitare tutta la situazione. Fu lei a chiamare. In preda ad una crisi nervosa. C. non voleva più parlarle, lei voleva spiegargli le sue motivazioni, era un dialogo tra sordi. 
C. le propose di incontrare me e lei accettò senza consultarmi. Rifiutai, non ero certo un'ambasciatrice. Ma disse che si trattava della sua unica opportunità, e aggiunse che sarebbe stato l’ultimo atto della commedia. Ci incontrammo in un luogo pubblico, e questo mi liberò da buona parte delle mie ansie. Parlammo poco del primo bizzarro incontro. Io comunicai le motivazioni dell’amica, ma lui prestò poca attenzione. Mi raccontò dei suoi interessi,dei progetti, del suo passato, e il tempo volò via. Ci scambiammo i numeri di telefono e tornai a casa, rispondendo in continuazione alle domande della mia amica che pretendeva quasi un resoconto in diretta. C. iniziò a scrivermi, augurandomi il buongiorno e la buonanotte, e lei non fu affatto felice di questo. 
I nostri incontri pilotati dall’amica divennero frequenti. Finalmente capii che le servivo a tenerlo d’occhio, servivo a farle capire fino a che punto potesse fidarsi di lui, di me non si preoccupava affatto, come se io non avessi sentimenti. Qui sbagliò: nel non preoccuparsi di me. Tra me e C. ci fu sempre maggiore complicità, e un giorno mi baciò. Eravamo lontani dall’idea di relazione romantico-mentale che sognavo, ma mi resi conto che potevo accettare una via di mezzo, quindi, ne parlai con l’amica. Non racconto la scena madre, ma in un colpo solo mi liberai di lei, dei suoi giochetti, e della sua amicizia interessata. Io e C. continuammo ad incontrarci. Il fatto che tutto, almeno  per me, non andasse oltre una intima amicizia, mi impediva di lasciarmi andare. Per fare l’amore volevo sentire le farfalle nello stomaco, non ero ancora nell’ottica della trombamicizia, ma per un motivo ancora oggi sconosciuto, pensavo che succhiarglielo non fosse tanto intimo, e la piega che prese la nostra amicizia avvicino C. tantissimo a me. Ho sempre pensato che mi cercasse più per la mia bocca, ma in quel periodo mi andò bene. In auto, a casa sua, in spiaggia, trovammo intimità dappertutto, e sempre in maniera gioiosa, perché eravamo liberi, nessuna costrizione, solo piacere di ritrovarci. 
Mi invitò a cena. Curò tutto nei dettagli. Candele, fiori a tavola, si improvvisò addirittura cuoco. Una grande sorpresa, quella serata. Quando mi strinse a sé e mi baciò il collo, mi resi conto che potevo abbandonare le mie difese, imparai che essere desiderata è fantastico, che non esiste solo il colpo di fulmine, che l’attrazione può nascere anche con il tempo. 
Mi svestì lentamente, non smettendo nemmeno per un attimo di baciarmi e sfiorò il mio corpo come se avesse per le mani qualcosa di prezioso. Si aspettava, forse, che lo fermassi, ma io non lo feci. Ero decisa a farmi amare. Quando entrò dentro di me, pensai di aver fatto bene ad aspettare. Dopo qualche minuto si allontanò. Mi guardò imbarazzato e disse che non ci riusciva, che aspettare questo momento per tanto tempo lo aveva caricato d’ansia, e l’emozione stava giocando a suo sfavore. Non mi ero mai trovata in una situazione simile, mi limitai ad accarezzarlo e ad annuire quando mi chiese se avrebbe avuto un’altra opportunità. Ci baciammo ancora un po’, poi disse di volermi bene, e conclusimo così la serata. Da quel giorno non ci incontrammo più. Provai a contattarlo, un paio di volte, ma niente. Mi cercò dopo qualche mese, io mi dividevo tra lavoro, studio e un altro ragazzo. Continuammo a sentirci per un po’, poi ognuno per la sua strada. L’ho rivisto domenica, dopo più di dieci anni. Mi ha chiesto di riprendere i nostri incontri. Sorridendo, ho risposto di no.

Gli amanti - Fulvio Mordenti