Risveglio sbagliato

Ci sono risvegli che mi vedono stanca ancora prima di iniziare la giornata.

Stanca di compromessi, di sorrisi di circostanza, di parole non dette o edulcorate.

Stanca di dimostrarmi comprensiva, matura, saggia, paziente.

Stanca di contare fino a dieci prima di parlare, di non poter sempre apparire come sono, di impegnarmi affinché tutto vada secondo un copione.

Stanca di non poter fare esclusivamente ciò che piace a me.

Poi, con questo umore un po’ incerto, scosto le tende, lascio che la luce inondi la camera ed il mio animo. 

Respiro l’aria salmastra, inizio ad ascoltare la mia musica, ed ancora prima della doccia e della colazione, mi guardo allo specchio.

I capelli sono davvero lunghi. Scomposti, un po’ selvaggi, “sono la parte di me che mi assomiglia di più”, si fermano sulle spalle, e ben si intonano con la pelle chiara. Le occhiaie tradiscono un po’ d’insonnia, e i capezzoli mi suggeriscono che, proprio adesso, l’ideale sarebbe che venissero mordicchiati, succhiati, ché sono sempre turgidi per questa attitudine innata.

Vicino l’ombelico ho la bruciatura che mi sono procurata stirando: prima o poi imparerò a vestirmi, quando sono fuori dal letto.

Mi osservo ancora un po’. E poi mi viene da sorridere. E’ più forte di me, questa voglia di fare, di gioire per le piccole cose.

Nonostante sia lunedì mattina.

Mariano Vargas