Lentamente scivola
La tua mano su di te
Quel tanto che basta per trasformare
Ogni carezza in un gemito
Ti guardo accaldata contorcerti
Tra le lenzuola umide
Golosa ed implacabile
Forza fammi male finchè vuoi
Lo sai
Pioggia io sarò, per toglierti la sete
E sole salirò, per asciugarti bene
Vento arriverò, per poterti accarezzare
Ma se vuoi, se tu vuoi
Tra fango e neve, fango e neve, impazzirò
La tua mano su di te
Quel tanto che basta per trasformare
Ogni carezza in un gemito
Ti guardo accaldata contorcerti
Tra le lenzuola umide
Golosa ed implacabile
Forza fammi male finchè vuoi
Lo sai
Pioggia io sarò, per toglierti la sete
E sole salirò, per asciugarti bene
Vento arriverò, per poterti accarezzare
Ma se vuoi, se tu vuoi
Tra fango e neve, fango e neve, impazzirò
Sentire alla radio queste note dopo tanti anni, mi ha
fatto sorridere con quasi un po’ di nostalgia.
Un amore breve ma molto intenso.
Era il 2003, mi pare. Lui mi dedicava sempre questa canzone. Me la cantava mentre mi
baciava, dopo aver fatto l’amore, mentre accarezzava il mio corpo nudo.
Eravamo due ragazzi, ed io avevo ancora quel modo acerbo e
sognante di amare. Pensavo fosse il mio principe azzurro. Mi riempiva il cuore
di bei sentimenti.
Quando era dentro di me, mi sentivo così colma di noi, così
appagata, che avrei dato tutta me stessa per non interrompere quella sensazione
di felicità.
Ho impiegato molto tempo a
trasformarlo in un bel ricordo. Le sue mani grandi e le labbra morbide le ho desiderate
per molto tempo. Poi mi sono innamorata ancora, e di nuovo mi è parso fosse la
prima volta.
Adesso, che queste sensazioni, questi batticuori così “puri”
mi sembrano impossibili da riprovare, ne sento una profonda nostalgia. Era
facile lasciarsi andare. Nei sentimenti, intendo. Adesso riduco quasi sempre
tutto al contatto fisico, carnale. Quello è l’unico modo che ho di lasciarmi
andare.
Questa certezza di non riuscire più a provare certi
aggrovigliamenti interiori, a volte mi infastidisce.
Magari, poi, scoprirò di sbagliarmi.