Io e la mia amica abbiamo condiviso tanta vita. Momenti
stimolanti e divertenti, ma anche momenti difficili. Perché condividere la
felicità è semplice, farsi carico del dolore degli altri lo è meno. Ci
conosciamo da quando eravamo bambine. Mai un litigio vero, al massimo malumori
per qualche ragazzo che piaceva ad entrambe, ma avevamo quindici anni, e tutto
passava subito. Abbiamo entrambe avuto una storia importante e molto lunga. Quando
ci siamo ritrovate, finalmente libere, eravamo quasi donne, già indipendenti e
con una gran voglia di iniziare a goderci la vita. Superfluo dire quanto ci
siamo divertite. E sostenute. Ho addirittura messo da parte la mia proverbiale
pigrizia per godermi ogni secondo della nuova vita. Lei sempre riservata, quasi
misteriosa. Io sempre effervescente e sfacciata. Lei cauta e riflessiva. Io
avventata e istintiva. Una coppia ben assortita.
Poi è arrivato il “grande amore”
per entrambe. Quasi contemporaneamente. E abbiamo, lentamente e non senza
difficoltà, messo la testa a posto. Solo che con me non ha funzionato tanto.
Perché sono fatta così. Ho bisogno delle emozioni. Di sentirmi desiderata. A
volte semplicemente amata. Non è impossibile conquistarmi, è facile farmi scappare. Per questo ho bisogno di sentirmi libera. Voglio avere un piano B,
devo mantenermi una via di fuga.
Lei adesso ha un bambino (Bello. Le somiglia).
In realtà credo faccia un po’ fatica a conciliare la sua voglia di indipendenza
con la maternità. Ma quel bambino è ciò che le offre un motivo per fare
progetti, pensare con speranza al futuro, e sopportare un marito insostenibile.
Ci sentiamo quasi ogni giorno. Le riservo il fedele resoconto della mia
affollata esistenza, delle mie migliori scopate. Lei ricorda nome e
caratteristiche fisiche di tutti i co-protagonisti della mia vita. Di solito
ascolta divertita, a volte elargisce saggi consigli, in certi momenti mi guarda
preoccupata e mi immagina come preda di lussuria e dissolutezza, ma non mi
giudica mai. Mi vuole bene così come sono. Non faccio progetti, non penso con
speranza al futuro, non sopporto il marito insostenibile. Certe volte dice di
invidiare la mia spensieratezza. Altre volte mi capita di invidiare lo sguardo
innamorato che il suo bambino le riserva. Ma poi torniamo alla nostra vita.
Nel 1992 amavo questa canzone. Mi sentivo libera, con tutte
le possibilità nelle mani. Mi vedevo come sposa, perché l’amore trionfa sempre,
pensavo. Adesso non seguo più le etichette, e sicuramente mi sento più puttana,
che sposa. Ma ciò che mi interessa è il poter essere sempre e comunque ciò che
voglio. Un giorno puttana, un giorno sposa.
Il mettere insieme ciò che appare come inconciliabile, ecco, questo è un senso della vita.
RispondiEliminaIo amo la mia quasi dipendenza dalle emozioni ma le voglio anche bene, siamo anche quella.
Bella questa pagina!
Anche io amo la mia dipendenza dalle emozioni. Mi dona tanta adrenalina.
RispondiEliminaBuongiorno, UnUomo :-*
"ciò che mi interessa è il poter essere sempre e comunque ciò che voglio. Un giorno puttana, un giorno sposa."
RispondiEliminaBellissimo aforisma :-)
:-) la libertà di essere ciò che sono: la difenderò sempre e comunque.
EliminaPenso che sia freudiano
RispondiEliminaamo... le voglio bene
In realtà a livello oggettivo avrei voluto scrivere
Io detesto (a volte non poco) la mia quasi dipendenza dalle emozioni ma le voglio anche bene.
Buondì, LaRossa. Ricambio i bacetti.
Una sorta di "odi et amo" catulliano, quindi. :-)
EliminaSposa e puttana. Penso che non ci sia niente di meglio che avere una moglie/compagna che sappia essere donna, madre, femmina, puttana. Cha sappia essere liberamente se stessa.
RispondiEliminaLasciare che l'altro sia se stesso è un atto d'amore grandissimo.
RispondiEliminaE' l'amore per se stessi che ci libera dall'amore dell'altro facendoci comprendere meglio
EliminaL'amore PER l'altro
Credo di avere una visione poco concreta dell'amore. Ma ci sto lavorando sopra.
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